sabato 2 maggio 2015

Milano al primo di maggio.

Ieri era il Primo Maggio, e io l'ho piacevolmente trascorso a casa dei miei genitori con mia moglie,i miei fratelli e le loro compagne. Non é stata una scelta sofferta, ma la logica reazione a un corteo che a Milano negli anni scorsi era diventato una pagliacciata chiassosa, a una festa istituzionale da rifiutare perché non c'é festa del lavoratore in un paese che ha tradito umiliato e offeso il lavoratore dipendente e quello autonomo.
Mentre mangiavo le lasagne, tv e rete riferivano dei tragici tafferugli di Milano. I black bloc hanno messo a ferro e fuoco la città, Milano é in ginocchio, devastata, dicono. Una metropoli che si piega per un temporale, invasa da trecento barbari.  Sensazionalizzazione solita del giornalismo da Cliccamipiace cui ormai siamo avvezzi. Faziose interviste, dichiarazioni retoriche, domande inutili.
Non mi sento di condannare il blocco nero. Quella rabbia cova da tempo. E lo ammetto candidamente, io non scendo in strada a spaccar tutto solo perché sono diventato più ponderato e riflessivo e quel che ormai ho da perdere é,  egoisticamente, più importante del bene della nazione buona solo alla retorica via social network. 
Io sono incazzato col sindaco sleale e bugiardo che la mia città la devasta da quattro anni, non con trecento sbarbati che hanno ancora l'ingenua credenza che le cose si possono cambiare con un disordine di piazza.
Io sono incazzato e quando sei incazzato non guardi in faccia a nessuno, soprattutto se al primomaggio ha l'auto parcheggiata in via Vincenzo Monti.
Io sono così incazzato da ringraziare Alfano di non aver fatto ammazzare nessun giovanotto, forse annoiato, forse violento, sicuramente confuso e tradito, incappucciato di nero. Anche se l'ha risparmiato solo per conservare la poltrona. 
Io sono così incazzato che non lo scrivo su facebook perché voglio vivere in pace, senza polemiche sterili e inutili.
Perché io non spacco tutto dalla rabbia per coltivare il buono che ho, ma la rabbia la capisco. E più che identificare i trecento ignoti, vorrei prendere a calci i nomi noti, dalla Giunta di Milano alle cariche dello stato.
Sono incazzato con chi oggi si accoda allo slogan "Milano non si tocca" ma negli anni ha assistito muto allo stupro della città e della nazione. 
Sono incazzato con la libertà d'espressione di un post su facebook, molto meno dignitosa di un lancio di molotov. 
Sono incazzato perché il perbenismo e il vuoto ideologico combinati mi guastano l'appetito con uscite tipo "Devono appenderli" "In galera" e idiozie del genere in un paese in cui in galera ci vanno solo i poveracci. 
Sono incazzato di scoprire che i miei concittadini hanno sempre un'opinione giusta su tutto, ma non fanno mai un gesto, non si espongono mai.
Ecco tutto.
Io non spacco tutto perché nonostante il male che questa città, intesa come istituzioni e cittadini, mi fa ogni giorno, non voglio fare del male a nessuno, e cerco il buono, e lo coltivo. 
E quello che costruisco ha forma scritta o altre volte sembra una festa, collaboro con chi ha bisogno, gratis, e non mi permetto di giudicare, ma cerco di comprendere le motivazioni, delle azioni degli altri. E se comprendo perfettamente gli interessi che muovono la nostra giunta e il nostro governo, e ne provo disgusto, comprendo almeno in parte la rabbia e lo smarrimento e pure la noia che affliggeva trecento sbarbati, naufraghi senza futuro in un paese senza nocchiero in gran tempesta.


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