martedì 26 aprile 2016

25 aprile - dolce dormire

Ormai ho smesso da tempo d'affidare i miei pensieri autentici alla rete. La rete serve a diffondere, a dare appuntamento per incontri reali, per discussioni sincere. Ma in rete discutile é inutile. 
Questa volta violo il mio silenzio autoimposto, perché voglio provocare, e allarmare.
Ieri ho festeggiato la Liberazione. Ho assistito alla commemorazione dei caduti seguendo la Banda D'Affori, poi il solito dibattito, un po' annoiato, un po' noioso, un po' mistificatorio dei politicanti. Sempre la solita storia che s'appella alla Storia. 
Ma se la Liberazione é stato un dramma memorabile interpretato dal popolo e dai suoi eroi cui dobbiamo eterna riconoscenza, dobbiamo riconoscere che il 25 aprile dovremmo andare in giro senza trombe né bandiere, ma con gli occhi bassi e in colpevole silenzio. Perché la Liberazione di cui andiamo orgogliosi non voleva i contratti a termine, le false partite iva, non voleva i supermercati aperti alla domenica, non voleva i monopoli editoriali e mediatici. Non voleva il meretricio come sinonimo del successo, non voleva la spettacolarizzazione della violenza, non voleva che fossimo costretti a subire un regime, culturale e subculturale, sociale ed economico, come quello in cui languiamo, quello in cui festeggiamo con orgoglio la Liberazione, e poi accettiamo di buon grado, perché costretti, di tollerare tutto. Perché la Liberazione noi la infanghiamo ogni giorno. Perché la Liberazione non la deve usare l'assessore per adattarla al terrorismo o il consigliere per parlar d'immigrazione. 
Qualcuno é morto per la nostra Libertà. Noi quella Libertà l'abbiamo scaricata nel cesso perché "se non lo faccio io lo fa' qualcun altro e allora tanto vale...". E siamo servi. Ci hanno costretto subdolamente a dover accettare di esserlo. Io per primo. É per questo, che mi vergogno. Ma almeno, non diciamo di essere liberi. Non diciamogli grazie. Chiediamogli scusa.


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